Migranti, Meloni contro la sentenza di Catania che annulla i trattenimenti
La premier su Fb attacca il tribunale siciliano che ha rimesso in libertà un rifugiato fermato in base all'ultimo decreto: «Un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale». La giudice Apostolico risponde: «Questione giuridica non diventi vicenda personale».
«Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania». In un lungo post su Fb la premier Giorgia Meloni critica la decisione del tribunale siciliano che ha rimesso in libertà un immigrato fermato in base alle norme dell’ultimo decreto immigrazione. La giudice Iolanda Apostolico non aveva infatti convalidato il fermo di quattro profughi ospiti del centro di Pozzallo perché il provvedimento «difetta di ogni valutazione su base individuale delle esigenze di protezione manifestate, nonché della necessità e proporzionalità della misura».
Meloni: «Un pezzo d’Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale»
«Siamo di fronte a una pressione migratoria senza precedenti, dovuta all’instabilità di vaste aree dell’Africa e del Medio Oriente. Il governo italiano lavora ogni giorno per fronteggiare questa situazione e contrastare l’immigrazione illegale di massa. Lo facciamo con serietà a ogni livello: coinvolgendo gli altri Stati europei e stringendo accordi con i Paesi africani per fermare le partenze dei barconi e distruggere la rete dei trafficanti di esseri umani. E con norme di buon senso per facilitare le espulsioni di chi non ha diritto ad essere accolto», mette in chiaro la premier ricordando come sia «un lavoro difficile, certo, ma che può portare a risultati concreti, con pazienza e determinazione. Certo, tutto diventa molto più difficile se nel frattempo altri Stati lavorano nella direzione diametralmente opposta», aggiunge con riferimento alle tensioni con la Germania, «e se perfino un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale. E non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza».
L’attacco alla magistratura: «Si scaglia contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto»
Motivazioni che sui social Meloni definisce senza giri di parole «incredibili»: «Sono rimasta basita di fronte alla sentenza del giudice di Catania», scrive la presidente del Consiglio, «che con motivazioni incredibili (“le caratteristiche fisiche del migrante, che i cercatori d’oro in Tunisia considerano favorevoli allo svolgimento della loro attività”) rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto». «Non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà l’ultima», continua Meloni. «Ma continueremo a fare quello che va fatto per difendere la legalità e i confini dello Stato italiano. Senza paura».
Salvini: «Grave ma non sorprendente»
Sulla vicenda è intervenuto anche Matteo Salvini. Il vicepremier ha affermato: «Le notizie sull’orientamento politico del giudice che non ha convalidato il fermo degli immigrati sono gravi, ma purtroppo non sorprendenti». Poi ha preannunciato che la Lega «chiederà conto del comportamento del giudice siciliano in Parlamento, perché i tribunali sono sacri e non possono essere trasformati in sedi della sinistra». E la senatrice leghista Erika Stefani ha poi insistito parlando di «un’interrogazione al ministro della Giustizia per approfondire la vicenda». «Non vorremmo sia stata fatta una scelta ideologica», ha proseguito. «Nella nostra Repubblica è lecito avere opinioni politiche e poterle esprimere, ma questo non può succedere in un tribunale, dove i giudici devono rispondere soltanto alla legge».
La giudice: «Non si trasforma questione giuridica in vicenda personale»
A parlare è stata anche la stessa giudice Iolanda Apostolico: «Non voglio entrare nella polemica, né nel merito della vicenda. Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo. Non rientra nei miei compiti. E poi non si deve trasformare una questione giuridica in una vicenda personale».