Sandra Petrignani: “Ritorneremo ai samizdat”

Antonio Buozzi
14/04/2020

Per affrontare un libro come Lessico femminile di Sandra Petrignani (Laterza, pagine 196, euro 18) può servire da viatico il testo di...

Per affrontare un libro come Lessico femminile di Sandra Petrignani (Laterza, pagine 196, euro 18) può servire da viatico il testo di una conferenza sulle donne e il romanzo che Virginia Woolf tenne nel 1928, poi pubblicato con il titolo Una stanza tutta per sé. Perché subito vi troviamo un’affermazione in qualche modo inaspettata e da cui è ripreso il titolo: “se vuole scrivere romanzi una donna deve avere del denaro e una stanza tutta per sé”. E, prosegue, come una chiosa, “la qual cosa, come vedrete, lascia irrisolti la vera natura della donna e quello della vera natura del romanzo”. 

Sandra Petrignani

L’universo da una stanza

Il libro di Sandra Petrignani fa proprio queste due cose: guarda l’universo femminile trasposto nella letteratura da una stanza, o, meglio, da una serie di stanze lungo i capitoli del libro – la donna e la propria casa, la donna e le cose, il rapporto con il «lui« e con la «lei», la madre con i figli  –  e lascia irrisolto il tema della “vera natura” della donna o della donna nel romanzo. Perché più delle definizioni astratte è la voce stessa delle donne qui a parlare, a esporsi, a lasciare il proprio timbro che alla fine non possiamo non riconoscere nella sua singolarità e differenza.  Di fronte alla “vanità di certi uomini”  (scrittori, e non solo…) che pretendono di normalizzare il reale in sistemi di coerenti di pensiero, “forse il pensiero delle donne, inseparabile dalla materialità delle cose, dall’urgenza della vita, ha una chance in più”. Una chance che deriva proprio dall’adesione irrinunciabile alla vita nel suo farsi e disfarsi, “perché non è delle donne lo sguardo globale, totalizzante. Le donne sono inclini alla concretezza”.   

Si diceva di stanze, l’interesse del libro è in chi le abita. La scrittura della Petrignani si intreccia con quella delle più grandi scrittrici dell’Ottocento e Novecento: da Jane Austen a Emily Bronte, da Virginia Woolf a Marguerite Yourcenar, da Clarice Lispector a Francoise Sagan a Marguerite Duras. E in italia non possono mancare Natalia Ginzburg, Elsa Morante, Anna Maria Ortese, Clara Sereni, e tante altre. 

Percorrendo questa galleria di prominenti figure femminili viene da interrogarsi più sul valore della letteratura in sé che sul suo aspetto di genere. Del resto, il proporre un «lessico femminile» da parte di Sandra Petrignani non nasce da una voglia di rivincita o di contrapposizione rispetto alla narrativa maschile. L’esigenza è di un riconoscimento, anche se tardivo. Posto che, come lei stessa scrive,  “la scrittura o è bella o non lo è, ed è questo a essere decisivo”, c’è un modo di entrare in questa bellezza, di varcare la soglia del mondo universale ed eterno dell’arte, che è diverso se si parte da alcune pagine di Virginia Woolf in Gita al faro o dalle disquisizioni filosofiche dei due protagonisti della Montagna incantata di Thomas Mann.  

«Decisivo in letteratura,» spiega Sandra Petrignani, «non è che un autore aderisca a un principio, a un gruppo, a una sensibilità femminile o maschile, che si esprima in prima persona o in terza. Decisivo è che sappia porsi nella distanza anche quando parla di sé – e uno scrittore vero parla sempre di sé –  o, per dirlo con la Ortese: “la letteratura, quando è vera, non è che memoria di patrie perdute, non è che il riconoscimento e la malinconia dell’esilio”. Non c’è definizione migliore».

La scrittura: prossimità e lontananza

Scorrendo il libro, una delle chiavi che ci vengono consegnate per accedere a una narrativa al femminile è, ad esempio, lo sguardo sulle cose vicine, apparentemente insignificanti. Ritorna la “stanza tutta per sé” di Virginia Woolf che non è solo uno spazio di libertà, rivendicato come riconoscimento dovuto alla donna di poter coltivare, come è scontato sia per i maschi, la propria interiorità, è anche la consapevolezza che la vita si fa presente nella prossimità delle cose: gli oggetti, i luoghi, le persone a cui siamo vicini, talvolta visceralmente uniti. Petrignani, tra i tanti, cita nel libro la Natalia Ginzburg de Le piccole virtù, la ricerca di “una realtà disprezzabile e senza gloria”.  Prossimità, però, che nella scrittura deve farsi anche lontananza.  

Virginia Woolf

«In questo senso,» continua Petrignani, «mi piacciono i libri che marcano questa distanza. Sogni e favole di Trevi, ad esempio, è esattamente il tipo di libro che amo di più. Un’opera senza preoccupazioni di appartenenza a un genere, fra autobiografia e saggistica, che risponde perfettamente alla magnifica definizione della Nafisi: letteratura come “epifania della verità”». 

Distanza che sembra paradossalmente perdersi in una narrativa oggi sempre più ossessionata dallo storytelling, dal plot. Viene da chiedersi se si tratti di una fase storica da attraversare o se è in atto un cambio di sensibilità e di gusto che comporta, poi, il relegare la letteratura di qualità in recinti per pochi cultori appassionati.  

l’inevitabile punto d’approdo della società di massa,» osserva Petrignani. «L’arte, la letteratura non sono mai state democratiche. E’ l’élite colta e appassionata che ha avuto il tempo e la voglia di crearsi un gusto che apprezza e riconosce l’arte.  E per élite non intendo necessariamente i ricchi, ma sicuramente gli originali, i devianti, i perdigiorno, gli appassionati, gli eccentrici. La società di massa non ha niente a che fare con simili tipi. L’arte sarà sempre per pochi raffinati, o folli, coltivata in segreto e lontano dai riflettori. Si tornerà a una specie di samizdat, a passarsi l’un l’altro le proprie pagine non pubblicate… »